Tutto il dolore, la rabbia, l’impotenza di chi, pur avendo combattuto al limite, si è visto la propria terra natia distrutta, devastata da un Dio folle, racchiuso nella sua utopica visione di una “Terra Promessa”, il “Warth Fatato”, il cui raggiungimento è giustificazione di ogni mezzo, anche lo sterminio di un paese intero. Un ultimo grido, un “All-In”, la classica ultima carta del mazzo, pronunciata dal guerriero più orgoglioso e valoroso degli Shandia, Wiper, a supporto di colui sulle cui spalle è il destino di Skypiea, l’isola nel cielo, pur essendone stato sempre estraneo. Rufy dal Cappello di Paglia, ancora una volta, si è fatto carico di una promessa, il cui mantenimento è di importanza vitale per il suo modo d’essere. Eppure, fino a poco prima, si poteva levare le tende in fretta e furia ed andarsene. Si poteva salutare con la manina quel God Ener che continua a lanciare saette e a scatenare l’apocalisse in cielo. Si poteva prendere l’oro e tornarsene nella Rotta Maggiore, per realizzare i propri sogni. No. Non si poteva. Non dopo tutta la strada fatta. Non dopo la promessa di far suonare quella dannata campana. Non dopo l’efferato sterminio di Ener. Non dopo essere stato scagliato (Rufy) giù per il Giant Jack con una sfera d’oro attaccata al braccio, per la codardia dell’avversario, che si era visto dinanzi un nemico (il primo e unico) immune ai propri poteri. Eccoci qua, dunque. Rufy. Ener. La sfera che a tutta velocità, guidata dal pugno di Rufy, sta per infrangersi contro il Dio (ancora per poco) e sta per far suonare la tanto decantata campana centenaria. Stop. Pausa.
Quattrocento anni prima, la “Luce di Shandora” era stata testimone di una grande amicizia, quella tra l’esploratore Montblanc Noland e il prode Calgara, soprannominato il “Demonio di Shandia” per la ferocia e l’ardore con cui era solito affrontare gli scontri. Necessario dire che inizialmente Shandora era parte integrante di un’isola sulla Rotta Maggiore, Jaya, su cui tra l’altro, i Mugiwara sbarcano prima di accedere alla fatidica Skypiea, ma ci arriveremo. Un’amicizia, dicevamo. Tra due grandi uomini, due grandi personaggi. Eppure non avevano iniziato benissimo, Noland e Calgara. Il primo era sbarcato a Jaya a scopo di ricerca, incurante dei pericoli dell’isola, e si era trovato a salvare una ragazza (la figlia del secondo, guarda un po’ l’ironia del fato) offerta in sacrificio al “Dio” isolano, un enorme serpente di mare, al fine di far terminare i mali che affliggevano la tribù degli Shandia. Calgara, quindi, si era mosso subito per punire l’invasore e lavare la macchia che aveva infangato gli dei, probabilmente infuriati dal gesto dell’incosciente straniero. Insomma, dopo pochi attimi dal loro primo incontro, i due erano giunti ai ferri corti, e l’esito sembrava ormai segnato. La causa dei mali, in un secondo, era ricaduta su Noland e la sua ciurma, che avevano bloccato il giudizio divino, uccidendo il serpente sacro. Ma ecco, finalmente, la verità: i mali tanto temuti e, unanimemente, ritenuti scatenati dagli spiriti maligni che dimoravano sull’isola, altro non erano che una malattia epidemica, dovuta ad una certa pianta presente sull’isola. La cura era possibile, bastava solo aprirsi a conoscenze mediche più evolute. Bastava affidarsi al progresso. Così fu. In breve, anche il “Demonio” degli Shandia, accettò la realtà dei fatti, scrivendo la parola fine alla paura e alla riverenza maniacale degli Dei.
La situazione mutò completamente, Noland e i suoi passarono da colpevoli a ospiti d’onore. La convivenza idilliaca si protrasse per un mese, tra ricerche, chiacchierate e feste. Tanta era la confidenza, che Calgara era arrivato perfino a mostrare loro la città d’oro di Shandora e la campana (sì quella che “nel presente” sta per essere suonata dal ragazzino col Cappello di Paglia), “Luce” della città, che fa come da “richiamo” per le anime degli antenati, destinate a tornare sull’isola ed entrare nei tronchi degli alberi secolari che crescono su di essa. Poi lo shock. A tre giorni dalla partenza, di colpo, gli Shandia erano divenuti scorbutici, chiusi, inospitali, quasi bellicosi. La figlia di Calgara, Musse, ancora grata agli esploratori per l’aver salvato lei e la sua gente, spiegò che il repentino cambio di atteggiamento della tribù era dovuto al disboscamento che i forestieri avevano arrecato alla giungla ed alla sua flora, a quegli alberi sacri, casa degli spiriti degli Shandia che furono. Ascoltando da Noland stesso che tale azione era stata necessaria per evitare una nuova epidemia, che avrebbe distrutto isola ed abitanti, subito la ragazza accorse dal padre, in lacrime, che, disperato, raggiunse di corsa il molo, scusandosi con Noland, e invitandolo a tornare, un giorno, promettendo di suonare la Campana, la Luce di Shandora, per fargli ritrovare la via. Noland tornò, sì, ma non trovò né la campana, né il suo fraterno amico, secondo lui inabissati nel mare con mezza isola. La disperazione si fece breccia nel suo animo, e il re, che già bramava l’oro di cui tanto aveva sentito parlare, lo fece uccidere pubblicamente, come punizione per essersi preso gioco di lui.
Un tragico finale ad una storia bellissima, e misteriosa. Dov’era finita mezza isola? Dov’erano Calgara, gli Shandia, Shandora e la Campana? Per quattro secoli la storia fu tramandata sotto forma di fiaba per i bambini del Mare Settentrionale. “Noland il Bugiardo”, questo il titolo assegnatole. Quattro secoli sono molto tempo. Moltissimo. Ma di sicuro un nulla nel grande fiume della vita. Capita, infatti, che, ad un certo punto, su ciò che rimane di Jaya muovano i propri passi un manipolo di pirati, da poco resi noti per le vicende di Alabasta, in cui il capitano, un tale Cappello di Paglia, ancora poco conosciuto sulla Rotta Maggiore, aveva addirittura sconfitto Crocodile, uno della Flotta dei Sette, non proprio un tipo a caso. Rufy, che di lì a poco ne avrebbe combinata una delle sue, sfidando, in pratica, Dio stesso, su Jaya viene a sapere dell’esistenza di una fantomatica Isola nel Cielo, Skypiea, la cui esistenza, fin lì, era giustificata solo da fantasie popolari, non da solide certezze e testimonianze. Dove c’è un sogno, c’è un pirata. Dove c’è un’avventura, c’è Monkey D. Rufy. Dopo varie peripezie a Jaya, tra cui l’atterramento fisico di Hyena Bellamy, Rookie con una taglia elevatissima, per il tempo, colpevole di aver rubato la mappa di Skypiea a Montblanc Cricket, attempato discendente di Noland, ma, soprattutto, di aver sputato qualunque tipo d’ingiuria ai sognatori ed agli “idioti” che credono nelle favole, i Mugiwara se ne vanno in cielo.
No. Aspetta. Se ne vanno in cielo?!? Esatto. E qui torniamo un attimo alla vicenda di Noland. Egli aveva affermato che l’isola doveva essersi inabissata, causa maree o dio solo sa cos’altro. E invece no. Cricket, infatti, informa la ciurma dell’esistenza di una corrente, la Knock Up Stream, una specie di eruzione d’acqua che consente alle navi di arrivare addirittura al di là delle nuvole. Inutile dire che, fregandosene della pericolosità, Rufy ci si butta a testa bassa, riuscendo tra l’altro nella folle impresa, e promettendo solennemente al vecchio Montblanc di dimostrare l’esistenza della città d’oro, una volta arrivato lassù.
Torniamo allo Stop. Rufy. Ener. Sfera Gigante. Campana. Siamo alla fine della saga, siamo alla fine di un Survival Game iniziato dal Dio su Upper Yard, la metà di Jaya volata in cielo, andata ad incastonarsi su per il Giant Jack. Molti se ne sono andati, molti sono feriti. In piedi sono rimasti la Ciurma di Cappello di Paglia e pochi Guerrilla, discendenti di Calgara, da sempre impegnati a combattere le armate celestiali per difendere la propria terra. Wiper. Il più spietato. Il più corrotto dalla rabbia. Colui che, grazie all’amalgamatolite marina, era addirittura riuscito a ferire Ener. Il più orgoglioso, dicevamo all’inizio. Eppure, l’unica arma rimasta a disposizione, e qui notare la tragica ironia, era la preghiera. Perché quel ragazzo del Mare Blu riesca a fermare la folle divinità. Perché l’isola, a rischio crollo (e piovere giù da una roba tipo 3000 metri non è consigliabile), rimanga in cielo. Ma soprattutto, perché la promessa di far suonare la campana e far trovare così la strada a Noland, o dire “NOI SIAMO QUI” per quietare l’animo in pena del vecchio Cricket, sulle cui spalle era piovuto il peso del “fallimento” dell’antenato, doveva essere mantenuta.
Play. Ener perde. La campana suona. Rufy precipita, e urla: “FAGLIELO SENTIRE. LA CITTà D’ORO, SHANDORA, è QUASSù!” Il suono celestiale si diffonde in cielo. Le lacrime si fanno strada e tracciano un segno perfino sul viso di Wiper. Il Survival è finito. Il Dio ha perso. Durante la caduta, Rufy avrà sicuramente ripensato ad una frase, ascoltata su Jaya, pronunciata da un personaggio che in futuro si renderà famigerato per l’aver in corpo due frutti del diavolo: Marshall D. Teach, “Barbanera”.
“I SOGNI DELLE PERSONE NON SVANISCONO MAI”
E, sempre cadendo, si sarà chiesto quante avventure ancora sono dietro l’angolo, quanti avversari da battere, quanti sogni da dimostrare e realizzare, quanta vita da vivere.
Questa è Skypiea. Il mio è, ovviamente, un riassunto, dettato “dallo stomaco più che dalla testa” (citando un famoso Youtuber), ma spero vi abbia fatto capire abbastanza, a grandi linee, di cosa parla la saga e di quanti, e quali, messaggi vi siano al suo interno. Ora, però, concludiamo con un po’ di analisi puramente tecnica. Infatti, l’aver sconfitto Ener, dona a Rufy maggior esperienza e forza (essendo One Piece uno Shonen puro), come anche l’aver affrontato il Survival fa lievitare notevolmente anche le potenzialità della ciurma. Non c’è da stupirsi, quindi, del passaggio di taglia da 100 a 300 milioni di berry, dopo i fatti di Enies Lobby, in quanto le peripezie sull’Isola nel Cielo e la sconfitta di Ener sono passati sotto silenzio tra le Alte Sfere della Marina, che non hanno avuto occasione di valutare una nuova taglia dopo Skypiea semplicemente perché nessun crimine è arrivato alle orecchie del Governo Mondiale, data la totale estraneità dal mondo dell’isola fluttuante. E ci sarebbe ancora molto da dire, come, ad esempio, che questa Saga è stata l’unica “Caccia al Tesoro” vera e propria intrapresa dai Mugiwara, l’unica a proporre un modello davvero “piratesco”, in cui la ciurma interessata si affanna per raggiungere le immense ricchezze poste a conclusione di un viaggio lungo e difficoltoso. Oppure si potrebbe parlare riguardo al messaggio sulla religione, o magari sui “sogni delle persone”. Ma non lo farò, non io almeno. Fatemi sapere voi che messaggio avete percepito come “vostro”. Cosa vi ha colpito di più emotivamente, cosa avreste voluto cambiare, cosa avreste voluto togliere. Ditemi: a voi, Skypiea è piaciuta? Spero che il mio articolo vi sia piaciuto, anche se ammetto l’assenza di un commento vero e proprio, in favore della narrazione della saga, ma di quello, ripeto, vorrei ne parlassimo qui, nei commenti, per avere scambi di idee sicuramente interessanti, mai banali! E niente, se siete arrivati fin qui grazie…