La Going Merry, Fujitora e Zou: uno sguardo sulla storia

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Nell’attesa del prossimo capitolo, voglio condividere con voi alcune osservazioni sull’evoluzione della storia del manga nel corso degli anni, cercando di individuare e commentare, se ne si ammetta l’esistenza, i grandi passaggi che hanno segnato un cambiamento, fino ad arrivare alle prospettive che sembrano essersi aperte su Zou.

Le riflessioni si concludono, quindi, con gli ultimi capitoli ma partiamo da un po’ più lontano e in particolare utilizziamo come spunto di riflessione la famosa dichiarazione di sfida che Luffy rivolge all’ammiraglio Fujitora prima di salpare da Dressrosa.

Ricordiamo che in quel caso, il nostro, piuttosto che scappare, rimandando ad un secondo momento lo scontro, decide di affrontare l’ammiraglio poiché, da lì in poi, per portare a compimento il suo obiettivo, occorrerà affrontare tutti, in un mondo che non può conoscere due Re dei mari.

Questo, come avrete riscontrato anche voi, è stato uno dei passaggi su cui si è più discusso di recente. Sommobuta ad esempio, ritiene addirittura che (insieme ad altri motivi) faccia di Dressrosa, la saga più importante di tutto il manga finora, poiché, sostiene, segni un cambiamento fondamentale nell’atteggiamento di Luffy che da scanzonato pirata sempre in balìa degli eventi, prende consapevolezza di sé e pensa coscientemente a come agire per diventare re dei pirati. Tesi, dice, supportata anche dall’alleanza con Law per attaccare Kaido.
Il finale di Dressrosa, quindi, non solo fa da ponte agli eventi che verranno, dando inizio ad un effetto domino che chissà fino a dove si propagherà, ma segnerebbe anche un cambiamento di atteggiamento nei protagonisti, inedito fino a quel momento.
Ebbene, anche io ho percepito nello scontro con Fujitora un passaggio rilevante e un cambiamento rispetto al passato ma intendo la esplicita dichiarazione di Luffy in modo leggermente diverso.

Se ad una prima lettura, la dichiarazione di sfida a Fujitora sembri esprimere un’inedita consapevolezza da futuro Re dei Pirati, questa non è poi confermata dai fatti né precedenti, né immediatamente successivi, finendo così per somigliare a tutte le altre battute in cui, fin dalle prime pagine, il nostro protagonista si dichiara futuro Re dei pirati (pur questa volta aggiungendo il “come” e cioè intendendo sfidare praticamente tutti quelli che gli si parranno davanti, senza indietreggiare. Dunque anche in ciò, a ben vedere, nulla di particolarmente nuovo).

Ancora una volta, a mio avviso, è un evento esterno a dare impulso alla saga e così Luffy si lascia, proprio come in passato, (CONSAPEVOLMENTE) trascinare dagli eventi: il piano è deciso da Law e viene accettato perché l’idea di un’alleanza per abbattere un imperatore portando il caos nel nuovo mondo, gli pare un’azione da vero pirata, tanto da fargli spuntare le stelline agli occhi. Lo stesso piano prende poi una piega ancora diversa e il desiderio di prendere a calci Doflamingo, aiutando così Rebecca e il popolo di Dressrosa, prevale su tutto il resto; si penserà dopo a Kaido. In ultimo si scopre pure che per Law, lo scopo primario, non era propriamente far crollare l’imperatore ma vendicarsi contro Doflamingo.

 

Allo stesso modo, un cambiamento di atteggiamento non è riscontrabile nemmeno al termine della saga. Come sempre (eh sì, il bello del manga!), arrivati a Zou, ciò che era stato precedentemente programmato, viene del tutto stravolto dall’invito al tea party di Big Mom a Sanji e la reazione di Luffy è tutt’altro che un’ elaborata strategia!

Detto ciò, al termine della saga di Dressrosa, pur essendo il comportamento di Luffy, risultato a me come a tanti, inaspettato (costante solo nella scelleratezza) e quindi, pur avendo dimostrato di dare certamente maggiore concretezza all’astratta volontà di diventare il re dei pirati, sento di dare a questo momento della storia, una rilevanza e un significato diversi da quelli di cui si è detto.

Il cambiamento è più sottile e in quella dichiarazione rivolta all’ammiraglio, mi sembra che Luffy dimostri di comprendere di essere alla resa dei conti ma più nello specifico, che proprio questa convinzione possa essere estesa o attribuita, non tanto al Mugiwara ma ad Oda stesso. Sembrerebbe una battuta più di Oda che di Luffy, facendo sì che in questo preciso istante protagonista e autore del manga siano quasi sovrapponibili.
La mia sensazione, poi, è che ancora una volta il significato sia da riconnettere all’evoluzione della storia e non all’atteggiamento della ciurma.

L’analisi di questo passaggio e di questa conclusione è l’occasione per fare un ampio resoconto sulla storia e per trasmettervi alcune mie sensazioni di lettura. Cercherò, per questo motivo, di spiegarmi al meglio, affidandomi ad una lunga(!) premessa, densa di questi concetti:

Prima della saga di Dressrosa, assistiamo a diverse fasi del manga.
Nella prima parte, il senso “del viaggio dell’eroe” (volendo ancora richiamare il totaletombale in un suo tema) è rappresentato dall’aspirazione massima di Luffy ad essere libero, il più libero tra tutti uomini; la stessa libertà che Oda auspica per se stesso con riguardo alla sua immaginazione e creatività. Ne leggiamo una testimonianza nelle interviste rilasciate come nella sua stessa storia di mangaka; in più ne fa da prova la formula narrativa scelta, la cui discussa “ripetitività delle isole” altro non sarebbe che uno schema che gli permette di sviluppare senza alcun limite il proprio mondo, quindi la sua massima aspirazione di disegnare quanto più possibile e quante più cose possibili (prima ancora di intendere la ciclicità delle saghe come mero stile di genere). Fino all’incontro tra Ace e Barbanera sull’isola di Banaro, Oda non ha posto nessun vincolo di trama alla sua matita, è piuttosto una continua creazione e scoperta di mondi fantastici e mari che arrivano fino in cielo; tante storie a sé stanti che si succedono. Volendo insistere ancora di più su questo rilievo, credo che il vero cambiamento possa essere addirittura percepito, piuttosto che sull’isola di Banaro, da Water Seven a venire. Lo stesso saluto alla Going Merry sarebbe, così, carico di una valenza fortemente simbolica. Con la caravella a vela triangolare finisce un pezzo di storia. Il manga ha preso uno sviluppo così riuscito da risultare inaspettato forse anche allo stesso autore e perciò da lì in poi, per portare a compimento la storia, occorrerà che venga tracciata una rotta più definita.

   

La scelta di Oda, però, è quella di far sì che questa rotta venga percorsa specificamente dagli eventi e non come si penserebbe, dalla ciurma, il cui atteggiamento rimane ancora votato all’avventura nel suo senso più assoluto (e cioè nella sua imprevedibilità e indeterminazione), lasciando così, quanto più possibile immutato lo spirito della storia.

Il cambiamento non ci viene nemmeno fatto percepire in modo particolarmente evidente e questo è sicuramente un merito dell’autore e della sua maniera di raccontare. Consideriamo lo schema utilizzato dalla comparsa di Nami in poi e sviluppato via via in proporzioni sempre più grandi: gli eventi si svolgeranno sull’isola di Coco, ma il soggetto principale ci viene introdotto almeno un’isola prima (ad Orange Town nell’esempio). Questo permette di sviluppare la storia in modo molto più ampio, di toccare più luoghi, rendere il tutto più intrigante, meno lineare e non ultimo corale, attraverso la cornice di tutte le storie che si raccolgono e vengono raccontate, isola dopo isola insieme a quella principale*. È, perciò, merito di questo stile di narrazione che il cambiamento di cui si parla, riesce ad essere introdotto in modo quasi impercettibile, senza stravolgere di colpo il carattere del manga o senza ridurne i luoghi. Quasi si dissolve nella gradualità della trama di eventi e isole che si intrecciano. Eppure una differenza esiste ed è anche molto più semplice di quando si immagini e cioè che gli eventi, da un certo momento in poi, non accadono più per caso o rectius, sono molto più connessi. Se in precedenza ci trovavamo di fronte alla successione di tante storie a sé stanti, storie che avevano un valore di per sé, adesso esiste una sola macrostoria e la capacità di Oda consiste proprio nel riuscire a non sacrificare, ma anzi connettere perfettamente le saghe che adesso si riducono (si fa per dire) ad un ruolo di “sottostoria” rispetto alla principale. Prima erano tanti quadri posti uno dopo l’altro; adesso, seppur dotate ancora di grande fascino autonomo, sono tasselli di un mosaico, o come quelle opere composte da tanti pezzi preesistenti che messi insieme danno un’immagine compiuta (e diversa).

Direte voi che uno scopo più grande è sempre esistito ma bisogna anche riconoscere che l’obiettivo di arrivare a Raftel, per gran parte della storia, è stato solamente un tema che teneva unite le cose, troppo astratto per esercitare un vero e proprio ruolo sugli eventi. Non incideva attivamente sulla storia come accade ora. La differenza può essere colta anche nel fatto, probabilmente più evidente alla lettura, che ormai si passa da un’isola ad un’altra, non perché guidati da un log pose (l’apice dell’avventura indeterminata) ma secondo la forza attrattiva degli eventi della macrostoria.

Conclusa Water Seven, dopo essersi reso conto della forma e delle proporzioni che aveva assunto il manga, immagino che Oda abbia deciso che da lì in poi sarebbe venuto il momento di sviluppare la storia che prima aveva in mente, forse, solo per grandi linee. Sicuramente queste evoluzioni saranno state sempre presenti in un cassetto insieme al desiderio di disegnare uomini pesce, giganti e un’isola nel cielo (ecc) ma sappiamo anche come sia comune nei mangaka cominciare a disegnare una storia ben prima di avere chiaro in mente il completo sviluppo degli eventi. Si potrebbe, anzi dire che il loro valore di autori, spesso si misuri proprio nella capacità di affrontare questo fatidico passaggio di sviluppo dell’idea iniziale. Oda non si sottrae alla categoria e per questo possiamo individuare dei momenti di passaggio:
Il primo è l’attraversamento della Reverse Mountain ma più importante per l’evoluzione della storia, è la partenza da Water Seven, rappresentato in modo eloquente e commovente dal congedo dalla Gonig Merry; il successivo è ancora più evidente, poiché coincide con il timeskip e cioè quello che è stato indicato, seppur con un po’ di approssimazione, come metà della storia. Si tratta ora di capire se la dichiarazione di sfida rivolta all’ammiraglio possa essere annoverata tra questi.

   

Esaminata la prima parte, con il passaggio nel nuovo mondo sembra che ancor di più, venga abbandonata una piccola dose della parte avventurosa della storia nella sua “purezza” o che forse questa non sia più totalizzante come prima. (Il fatto che adesso le isole siano tutte legate una all’altra e che ci si diriga alla prossima per compiere gli eventi verso una loro risoluzione, non è forse una piccola perdita di purezza di un tipo di avventura assolutamente libera e indeterminata?)

Ciò non è assolutamente una critica, anzi è nella normale evoluzione della storia. Inoltre, adesso che negli ultimi capitoli cominciano a venire fuori sempre più indizi su quello che verrà, l’intensità è in crescendo e i fatti sembrano diventare incredibilmente avvincenti.
Fatta questa premessa, proviamo a tornare al parallelismo di prima per spiegare la frase di Luffy, contestualizzandola al momento in cui viene pronunciata.
Dicevo che la consapevolezza tradita dalla dichiarazione, sembrava attribuibile più all’autore che al personaggio ma d’altra parte, qualcosa di vagamente simile era già era accaduto in precedenti momenti del manga, in cui protagonista della storia negli atteggiamenti e nello spirito sembra essere perfettamente sovrapponibile all’animo dell’autore. Ora che abbiamo fatto questa lunga premessa, ci sembrerà più chiaro come dal principio, più che alla ricerca dell’esatta rotta per Raftel, Luffy ci è sempre parso costantemente interessato alla scoperta del mondo, isola dopo isola. È diretto certamente lì dov’è il tesoro, arriverà fino alla fine e sarà re, ma tutto ciò passa attraverso una sorta avventura rocambolesca e sempre imprevista come condizione necessaria, che detta legge sulla rotta. Ne sono prove simboliche il momento in cui ruppe il Log pose datogli da Robin ad Alabasta o la discussione con Rayleigh al locale di Shakuyaku prima del Timeskip. One Piece non si è mai presentato come una corsa al tesoro nel genere de “L’isola del Tesoro” di Robert Louise Stevenson, è piuttosto un’ avventura di scoperta per mondi e mari e come ho detto, è stato così, in senso assoluto fino a quando questi siano stati solcati dalla Going Merry. In questa prima parte, la maniera di Oda di raccontare gli eventi è perfettamente coincidente con gli atteggiamenti che ha deciso di rappresentare per il suo protagonista e così ogni isola ha un valore assoluto di per sé stesso, proprio come a Luffy non fa differenza se si trovi sulla rotta esatta o quantomeno la più breve.

Terminata questa prima parte, qualcosa cambia a piccole dosi successive, e così per Oda subentra l’esigenza di sviluppare una storia principale che guidi gli eventi. È qualcosa che non vorrebbe ma non può che essere lo sviluppo naturale della storia. Ciò nonostante o magari proprio per questo, Oda tiene sempre a rappresentare lo spirito della ciurma assolutamente impermeabile a questa variazione; è una piccola rottura di quel legame da cui, però, tiene indenne la ciurma nella sua caratterizzazione: le cose capitano e basta, non sono loro ad essere più risoluti. Rispetto a quanto adesso fa lui, da parte della ciurma continua a non esserci nessuna pianificazione, nessuna strategia, nessuna presa di coscienza; né a Luffy né a nessun altro Mugiwara viene mai in mente di dominare gli eventi com’è invece caratteristica della loro nemesi e cioè Barbanera. Sarà un caso ma mi sembra comunque un indizio che dopo la disfatta contro Kizaru e dopo la battaglia di Marineford, Oda faccia dichiarare a Luffy di allenarsi specificamente per poter proteggere i propri compagni e amici nel Nuovo Mondo, e solamente in via indiretta per potersi preparare ai futuri scontri.

È curiosa una recente intervista di Oda in cui rivelava di avere a noia il dover concentrarsi per pensare agli sviluppi della trama. Curiosa e quasi paradossale se pensiamo al record di lunghezza del manga che non potrebbe certamente reggere senza l’esistenza di una trama solidissima che faccia da collante. Allora, forse, ciò a cui il mangaka si riferisce nell’intervista può essere colto proprio attraverso le considerazioni appena fatte.

Facciamo un balzo in avanti e arriviamo al dunque, cioè a Punk Hazard e Dressrosa che allo stato attuale sembrerebbero caratterizzarsi per essere isole-trampolino di lancio per tutti i futuri eventi del nuovo mondo (giusto per ribadire la differenza, immaginatevi gli eventi della prima parte scatenati dai fatti di una sola isola!). Data questa specifica caratteristica, è possibile che qui, più che in altri momenti, Oda abbia immaginato chiaramente il quadro dei fatti che verranno, è possibile che per questo in una delle ultime vignette prima della partenza, si sia lasciato scappare per bocca di Luffy una dichiarazione, un messaggio (ai lettori) che in parte, oltre che al protagonista, sembrerebbe appartenere anche a lui-autore: che da qui in poi siamo alla resa dei conti! Torna per un attimo quel parallelismo di cui si diceva, e in questa prospettiva mi sembra di poter esattamente considerare il valore di questa parte. Dal canto di Oda, la dichiarazione sembra tradire una certa qual “fretta” e presa di coscienza che da qui in poi le isole elefanti o ogni altro tipo di parto della sua immaginazione dovranno essere resi compatibili con il “finale” in base allo scatenarsi di eventi che si è deciso di mettere in moto.
Questa consapevolezza di autore sul momento, viene trasmessa al protagonista, che lancia la sua dichiarazine di sfida:

Siamo nel preciso contesto della fine di Dressrosa, è perciò la risposta, la dichiarazione di sfida al terremoto di eventi che si sta per scatenare e che animerà il nuovo mondo. Fujitora non è il reale destinatario (tant’è che poi non segue una vera sfida), ne fa solo da testimone: Luffy dice in modo eloquente, a denti stretti, di non tirarsi indietro e che farà in modo da prevalere su tutto ciò che gli si porrà davanti. Si prepara e ci prepara alla resa dei conti nel nuovo mondo, è il suo ruggito.

La dichiarazione quindi, esercita un ruolo rilevante nell’evoluzione della storia più che nell’evoluzione del personaggio, che forse per ora è solo rimandata o che magari semplicemente non avverrà.

Luffy per un istante (ma proprio solo uno!), allo stesso modo di Oda scrittore, ha piena consapevolezza del momento in cui siamo nella storia e cioè “alla resa dei conti”.

Per i più timorosi è bene specificare che quando si parla in questi termini, lo si fa sempre nelle proporzioni di One Piece! Se davvero ci trovassimo al 70% come è stato detto, rimarrebbe un 30% corposissimo, basti pensare a quante cose lasciate soltanto intravedere negli anni debbano essere ancora sviluppate! Ma proprio per questo, è comprensibile che gli eventi comincino a muoversi fin da ora! È anche comprensibile per la lunghezza della storia da raccontare, che in questa parte ci siano dei momenti più lenti rispetto al passato. Dobbiamo sperare che certi passaggi di Punk Hazard e Dressrosa servano a fare da introduzione al resto della storia e quindi l’intensità, mano a mano, sia destinata sempre di più a crescere.
Zou rispetto a tutto ciò, si pone per ora, in perfetta linea di continuità, anzi per certi aspetti rincara la dose; pare darci ancora più indizi come verrà sviluppata questa parte finale della storia.

Dobbiamo tenere a mente le parole di Pekoms, che proviene proprio da dove si è diretti.
C’è una vignetta apposta dedicata, che in qualche modo ci spiega come gli eventi da adesso, si giocheranno tutti sui rapporti di POTERE.

Il nuovo mondo “non è un paese per vecchi” e nemmeno per sprovveduti!
All’apparenza, Luffy in questo contesto sembrerebbe partire quasi disarmato ma credo che verrà in rilievo la sua particolare capacità, già percepita dagli occhi di falco, di attrarre a sè alleati con la forza di una valanga e di spingere gli esiti degli eventi secondo la sua volontà, la volontà che porta nel nome.

Con riguardo al futuro della storia, questo mi sembra l’elemento di maggior interesse e rilievo ma Zou, seppur non ancora conclusa, è già piena di momenti altissimi:

-Il ritmo degli eventi è su un livello incredibilmente alto in tutti i capitoli fin ora;
-Dopo un’isola per metà ghiacciata e metà infuocata, dopo un’altra popolata da burattini e giocattoli, compare un millenario elefante in costante movimento. È una delle trovate più suggestive di tutto il manga, perfetta ambientazione degli ultimi fatti. Sono immagini come questa che hanno permesso di lasciare sempre intatto il fascino di One Piece, immune a ogni cambiamento. Un mondo che continua ad arricchirsi di forme e suggestioni, senza perdere colpi nonostante gli anni;

 

-Poche volte in così pochi capitoli erano accadute tante cose. In uno stesso punto, si succedono a brevissima distanza i sottoposti di due imperatori, poi arrivati Luffy e Law, ne viene nominato un terzo (Shanks)! E quindi, la brutale conoscenza di Jack, lo scontro di sguardi tra Capone e Sanji (uno dei miei capitoli preferiti tra gli ultimi), “l’invito”, la famiglia vinsmoke, le pulsioni di Chopper e in ultimo la gran chiusura del cap 816.

L’ultima rivelazione dei visoni oltre a lasciare me senza parole, lascia anche dubbi su chi sia Kaizou e quale possa essere il suo ruolo dato che rifiuta di farsi avanti persino di fronte allo sterminio di un’intera popolazione (ve lo spiega dettagliatamente Tosky in uno dei suoi ultimi video). Ancora, quale sia il ruolo di Momonosuke, personaggio sempre più centrale.

Le suggestioni secondo cui vi possa essere un legame tra lui, Kaido, magari con riguardo al potere del frutto del drago, sono ancora tutte in piedi. (Non dimentichiamo gli esperimenti di Vegapunk sui draghi a Punk Hazard e che anche nei primi esperimenti sul manga, questa volta di Oda, oltre a comparire una versione primitiva di Zoro e Mihawk, ricorreva anche la figura di un drago – perciò magari cara al disegnatore).

A questo punto è pure legittimo chiedersi se i frutti artificiali possano riprodurre poteri già esistenti “in natura” o al contrario se la storia si svilupperà sul fatto che esista un potere negativo per il semi-immortale Kaido alla maniera della gomma per il “semidio” Ener.

(Dico semi-immortale perché spesso le dichiarazioni di Oda assumono il tono di leggenda, perciò è meglio non prenderle troppo alla lettera. Un esempio di voluta esagerazione è quella sul pugno di Elizabello)

Come se non bastasse, credo che nemmeno il richiamo a Shanks sia da intendere come casuale. Paradossalmente, da molto tempo, è l’imperatore di cui sappiamo di meno, non conosciamo nessuna sua mossa o alleato e proprio per questo mi aspetto che da un momento all’altro faccia una prepotente comparsa sulle scene. Essendo i visoni così legati ad entrambi, Samurai di Wa e Shanks, è possibile che vi sia un legame anche tra questi due.

Inoltre Wa ci viene presentato come un paese antichissimo, isolato dal mondo almeno quanto i visoni se non di più, perciò possiamo aspettarci qualsiasi cosa.

Per concludere torniamo agli eventi concreti: da Dressrosa gli equilibri sono scossi dalla caduta di Doflamingo; da altra parte è Kaido a cadere, in senso letterale, in un posto tutt’altro che insignificante; Barbanera è sulle tracce dei rivoluzionari; Big Mom sta organizzando un tea party in cui cerca di mettere insieme la propria famiglia con quella di famosi assassini, passando per la ciurma di cappello di paglia e in ultimo Weevil, che oltre a richiamare (un coleottero?) la parola evil, ha tutto per sembrare una variabile impazzita. Al quadro manca dunque solo Shanks. Sappiamo unicamente che è legato ai visoni che sono legati al regno di Wa, che è in una specie di confitto con Kaido! (un po’ come alla fiera dell’est)

Tutte queste brevi finestre sparse nei capitoli richiamano inequivocabilmente quelle dell’incontro tra Ace e Barbanera e tra Barbabianca e Shanks, solo che adesso si presentano ancora più numerose e criptiche!
A rifletterci, ci troviamo nel punto della storia più alto dalla strada intrapresa dal nuovo mondo in poi. Potrebbe succedere qualsiasi cosa e il fatto che tutto sia più o meno direttamente legato non fa altro che amplificare le proporzioni. Mi auguro solo che la prepotente comparsa di un ruolo del potere nella storia, non snaturi ulteriormente quella che rimane una storia di pirati.

Ecco dunque che nel momento di ultima attesa del capitolo, dopo la settimana di pausa (e cioè nell’attesa di essere clamorosamente smentito), spero di aver contribuito abbastanza ad accrescere il vostro interesse per il prossimo capitolo, poiché sempre di più, nulla sta succedendo per caso!

…e la Marina!?

 

*Sembra lo stile anche di questo articolo e se non ci capite niente è perché non so disegnare!

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