Otohime e Martin Luther King, un sogno comune tra realtà e fumetto

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Articolo dell’11 Giugno 2014

La Regina Otohime e Martin Luther King: il sogno comune dei due

La saga dell’isola degli uomini pesce (di seguito FI), bistrattata e disprezzata da un considerevole numero di lettori, apre una seconda parte del manga che, ad oggi, sembra voglia concentrarsi più sull’aspetto socio-politico che non su quello, tipico dello shonen, dei combattimenti. Oda, che ha comunque sempre dato ampio spazio alle “questioni serie” sin dall’inizio dell’opera, ha ripreso così a FI un tema aperto dapprima nella saga di Arlong Park, poi a Sabaody.  Mi riferisco ovviamente alla difficile convivenza tra le razze, in particolare quelle degli umani e degli uomini pesce. Per vero, nella lista (riportata di seguito) delle razze in vendita alla Casa d’aste, possiamo notare un riferimento ai futuri nani e visioni, da poco apparsi nella trama.

Tale elenco mi porta a ritenere che tutte le suddette razze siano comunque oggetto di discriminazione, come, del resto, possiamo ipotizzare leggendo la saga di Zou, dove più volte ci viene detto che l’opinione comune secondo cui i visoni sarebbero ostili agli umani è errata. L’ignoranza, intesa come non conoscenza di qualcosa, è alla base del pregiudizio, sembra volerci dire Oda. Tale idea venne confermata dalla piccola Koala, nel periodo in cui fu ospite dei Pirati del Sole.  La bambina raccontò infatti che le persone avevano paura degli uomini pesce per il semplice fatto che non li conoscevano.
Lei, avendo modo di frequentarli, poté al contrario apprezzarne le qualità ed i difetti, peraltro identici a quelli degli umani. Proprio Koala rappresenta, a mio modesto avviso, uno dei personaggi più significativi di One Piece. Lei può, più di chiunque altro, portare un messaggio chiaro: la convivenza pacifica tra le razze è possibile.

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Ora, venendo al nocciolo della questione, vorrei anzitutto fare una premessa.
Non intendo assolutamente bestemmiare citando una figura storica come Martin Luther King, né intendo mettere sullo stesso piano due questioni che esistono in due mondi differenti: realtà e immaginazione. Voglio semplicemente ipotizzare, forse non sbagliando, che Oda abbia tratto ispirazione da questo personaggio storico. A dimostrazione di ciò, riporto lo storico discorso pronunciato da MLK al termine della marcia per rivendicare i diritti civili delle persone di colore.

“I have a dream that my four little children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin, but by the content of their character. I have a dream today!”

Parole che invitano ad una battaglia dei cui frutti godranno le generazioni future, i figli appunto. L’auspicio di Martin Luther King era quello di poter ottenere, per la sua etnia, gli stessi diritti dei bianchi. La storia dei neri non si discosta poi molto da quella degli uomini pesce: entrambe le razze sono state invase, sfruttate e colonizzate dall’uomo. In un caso dall’uomo bianco, nell’altro dall’umano in senso stretto. Riporto allora un passaggio cruciale nel discorso tenuto da una ubriaca Otohime, frustrata per non riuscire ad ottenere quelle firme necessarie per avviare un percorso che avrebbe portato alla parità tra umani e uomini pesce.

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Non sono forse le stesse parole, seppur messe in ordine diverso, pronunciate da Martin Luther King?
Il concetto è il medesimo, creare un posto migliore per i posteri. Credo che Oda abbia attinto a piene mani dalla vicenda, traendo ispirazione da fatti storici, del resto non sarebbe la prima volta. Oda, con acume, prende posizione sulla vicenda, pur senza far tacere le voci fuori dal coro. Crea infatti il personaggio di Fisher Tiger che, pur volendo in fondo le stesse cose della regina, finisce col non riuscire a perdonare gli umani, mettendo in luce la fragilità propria dell’uomo, nel momento in cui, ferito nel profondo, generalizza.

Crea inoltre Arlong e Hody, due personaggi spietati ma per ragioni opposte: il primo reagisce alle atrocità subite, il secondo è invece “vuoto”, senza sostanza, come rivelato da Fukaboshi. Non ha vissuto, quindi, esperienze che lo hanno spinto ad odiare gli umani, al contrario dell’ex pirata del sole. Anche nel presente l’odio ha spesso la meglio sulla razionalità, ancora oggi non possiamo parlare di integrazione e, forse, a differenza di One Piece, non se ne potrà parlare mai. Non sembra che vi sia un interesse da parte di tutti nel cercare una sana convivenza ma, anzi, prevale il desiderio di sottomettere e dominare le altre razze, etnie e religioni. Non esiste e difficilmente può esistere nella realtà una figura come Otohime, completamente dedicata alla sua causa, pronta a morire per essa e a continuare a crederci anche in punto di morte:

“Chiunque sia l’assassino e dovunque egli sia…Fatelo per me…Non arrabbiatevi con lui e non odiatelo!”

La vita non è un manga, il bene incondizionato è qualcosa di molto complesso, difficile da provare se non in legami fortissimi come tra genitori e figli, e nemmeno sempre. Da questo punto di vista è molto più umana e comprensibile la reazione di Tiger.
Egli stesso sapeva di essere in errore, sapeva di poter fare di più per la sua gente, ma era frenato dalle ferite subite in passato.
Tiger infatti ammette:

“Jinbe! Gli appelli della regina Otohime sono utopistici…Ma dal suo punto di vista che differenza c’è tra me ed Arlong? Io ho un demone annidato in fondo al cuore… e questo demone è ciò che più temo!”

Nel mio percorso di studi ho avuto modo di intrecciare la disciplina economica a nozioni di sociologia, utili alla mia formazione. La professoressa era solita insistere sulle dinamiche che legano la convivenza tra le persone, sottolineando il fatto che quando si dona qualcosa, lo si fa, nella stragrande maggioranza dei casi, aspettandosi qualcosa in cambio, al punto che, in assenza di reciprocità, la relazione si deteriora e perisce. Rarissimo è, invece, il cosiddetto “dono puro”, ovvero l’attitudine a donare, ovvero a dare sé stessi o a fare qualcosa per il bene di un altro o della pluralità, senza aspettarsi nulla in cambio. Senza, cioè, smettere di donare anche in assenza di reciprocità, ma nel rispetto di un proprio sistema di valori morali, religiosi o etici. E durante le lezioni ero solito associare mentalmente il dono puro alla figura di Otohime, la cui fede incrollabile la spinse a non cedere all’odio neppure in punto di morte.

Un terzo personaggio, cruciale a mio parere, è Jinbe. 
Egli agisce ed agì, sempre per tutelare la sua razza, rischiando persino sé stesso per difendere i propri ideali o le persone in cui crede. E’ un personaggio dal forte senso dell’onore e con un sistema di valori ferreo, in cui la sua stessa persona viene messa dopo ogni cosa. Proprio Jinbe riprende un discorso interrotto anni prima, cambiandone l’epilogo ed aprendo una nuova strada verso il sole: se il suo vecchio capitano rifiutò una trasfusione di sangue umano, lui si offre di donarlo a Luffy, segnando l’inizio di un nuovo percorso finalizzato all’integrazione tra le due razze.

La scena è fortemente simbolica.
Se Luffy riuscirà a sovvertire gli equilibri, riuscendo ad operare un completo tabula rasa, un anno zero, allora Jinbe non potrà che essere sulla sua nave ad aiutarlo.
E svariati potranno essere gli alleati, su tutti i Rivoluzionari, dei quali proprio Koala fa parte.
La saga di FI allora andrebbe rivalutata da questo punto di vista.
A ben guardare, potrebbe essere considerata come prologo di una futura (ipotetica) seconda saga ambientata nel medesimo luogo.
Si sono gettate le basi: Joy Boy, Poseidon, la profezia della fine dell’isola. Più avanti ne deriveranno le conseguenze.
Probabilmente delle macro-conseguenze che sconvolgeranno l’assetto mondiale. Staremo a vedere.

Con questo breve articolo ho voluto dimostrare che, pur trattandosi di un fumetto sulla pirateria, One Piece offre tanti spunti e collegamenti con la vita reale, cercando di risolvere questioni di una drammatica e schiacciante attualità.

– Jody

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