The killing joke – quando il tentato suicidio è uno scherzo (ma anche no)

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Baby 5 sorridente, che arrossisce e si punta la canna di una pistola alla tempia.
Qui, la gag in cui lei tenta di fare tutto il necessario pur di risultare utile a qualcuno, diventa spiacevolmente cruda e la rapida occhiata al flashback a lei dedicato con l’intenzione di spiegare il suo comportamento precipitoso sembra giustificare inadeguatamente la sua tendenza a commettere suicidio.

Forse la faccenda più in risalto in una situazione simile è il numero di volte in cui One Piece tratta l’argomento del suicidio – anche, a volte, con humor e garbo adatti alla situazione.
A dispetto del fatto che si tratti di un contenuto delicato da affrontare, infatti, Eiichiro Oda ha comunque inserito il tentato (o il completamente riuscito) suicidio una quantità di volte sorprendentemente grande lungo tutta la storia, considerando poi quanto raramente i suoi personaggi muoiano.

La retorica del cavalleresco sacrificio è un tema comune nella serie.
Ad esempio, Sanji era pronto a morire per mano di Pearl, pur di proteggere Zef il quale era tenuto in ostaggio al Baratie, e Toto era preparato a dare la sua vita per ottenere la clemenza del Re Cobra Nefertari e scusarsi per le bricconate del figlio, Kohza.
Dopodiché Oda ha rappresentato un aspetto più aspro del suicidio tramite la tragica disperazione dell’ex pirata ormai divenuto uno schiavo, Lacuba, il quale a Sabaody decide di togliersi la vita di fronte alla prospettiva di essere venduto all’asta come schiavo.
L’autore si è spinto anche oltre, rendendo il suicidio un tratto, o meglio, una fissazione distintiva di un personaggio, il membro del CP9, Kumadori, che tenta l’harakiri ma non gli riesce a causa (o grazie) alle Rokushiki che ha appreso in qualità di agente del governo.

Oda ci mostra un primo esempio della luce umoristica che questo tema può assumere, nel capitolo 795, appropriatamente intitolato “Suicidio”. Mette in piedi una specie di barzelletta dandoci una stringata panoramica dei pericoli che Kaido ha affrontato durante tutta la sua vita da pirata: prigionia, tortura, impiccagione, infilzamento e perfino la ghigliottina. Divertito dalla sua incredibile capacità di sopravvivenza in barba a ogni tipo di minaccia, l’imperatore ha reso il tentare di mettere alla prova la sua mortalità un hobby, provando addirittura a lanciarsi da un’isola del cielo posta a 10.000 metri da terra.

“Che insopportabile mal di testa!” mormora lui, destandosi dopo un impatto che avrebbe portato a morte certa qualunque altro uomo. “Proprio non riesco a morire…”

La sua noncuranza nell’accogliere la morte funziona bene perché siamo ormai stati messi al corrente dei falliti tentativi precedenti ed al lettore viene invece istintivo interrogarsi su cosa mai possa riuscire a uccidere un uomo il cui collo è capace di mandare in frantumi la lama di una ghigliottina. Il fatto che non riesca a togliersi la vita crea una sorta di stupore misto a soggezione, disorientamento e mistero oltre che darci l’idea di una vera e propria ossessione. Tutto questo ci aiuta a farci intuire la pericolosità di questo imperatore all’interno del Nuovo Mondo. Un’introduzione simile, chiaramente senza precedenti, ci fa quindi sorridere ed al contempo ci illustra l’effettiva serietà della minaccia costituita da Kaido, rendendo già memorabile il suo personaggio per diverse ragioni.

Parlando di memorabilità, ripescando ancora da capitoli vecchissimi della serie, abbiamo la mesta e raffinata raffigurazione del suicidio del Dottor Hillk (Hiruruku) il quale era stato ormai costretto ad accettare la sua imminente fine dopo la diagnosi di una malattia incurabile. Essendosi sentito miracolosamente meglio alla vista dei ciliegi in fiore, Hillk dedicò il resto della sua vita a creare una cura fatta di speranza e meraviglia per la sua disperata patria, il Regno di Drum. Vicino al completare il suo sogno, Hillk cadde nuovamente malato e ricevette, come cura, un fungo medicinale dal suo apprendista e compagno, Tony Tony Chopper.

Nonostante le migliori intenzioni e la determinazione della giovane renna ancora inesperta (se non ricordate com’è andata, correte a rileggerlo per piangere un altro po’), il fungo si rivelò velenoso e peggiorò le condizioni del dottore. Ad ogni modo, nei suoi ultimi istanti di vita, riuscì a rimettersi in piedi e a suicidarsi bevendo un veleno di sua creazione, così da liberare Chopper dal fardello costituito dal suo senso di colpa per l’errore commesso.

Affrontando la sua morte ormai imminente, che fosse per mano della sua malattia terminale, di Wapol o di un fungo velenoso, il Dottor Hillk incarnava pienamente ciò che aveva imparato nella sua vita: medicina farlocca, buone intenzioni, altruismo e il perseguimento di un sogno. Piuttosto che cadere vittima di crudeli circostanze o di un folle dittatore, Hillk dà alla sua morte un significato tramite l’idea del sacrificio. Il suo suicidio resta un punto di riferimento importante per la serie come profondamente poetico momento di svolta nello sviluppo dei personaggi della Dottoressa Kureha, Dalton e soprattutto di Chopper.

Tra tutte queste rappresentazioni del suicidio significative e ricche di sfumature, quella di Baby 5 è ancora diversa.
Divertente sicuramente la gag per la quale lei tenta di compiacere le persone per il suo desiderio di sentirsi utile. Questa mania era particolarmente spiritosa quando la si vedeva concedere imprudenti prestiti a un adolescente Law o a Buffalo, comprando armi superflue da imbroglioni o accettando proposte di matrimonio da inappropriati spasimanti. Comunque, l’idea di commettere addirittura suicidio per il nemico della sua famiglia fittizia soddisferebbe il suo desiderio di sentirsi necessaria ma, al contempo, scardina dei precedenti ed importanti assunti: ossia la lealtà della famiglia Donquixote.

Prima di vedere Baby 5, abbiamo assistito a come questi pirati siano coesi tra loro per il bene di Doffy. Monet e Vergo si sarebbero sacrificati volentieri infatti per assicurare la riuscita del piano di Doflamingo. Il flashback di Law presenta numerose scene di gratitudine e benevolenza all’interno della famiglia, inclusi il prendersi cura del piccolo Dellinger, il salvataggio dei bambini dal pirata Wellington e le ritorsioni furiose messe in atto da Doflamingo contro chiunque osasse criticare i membri della sua famiglia.

Un breve flashback ci ha rivelato poi che Baby 5 da bambina fosse stata un peso indesiderato per sua madre e per il suo gruppo di disadattati. Semplicemente un’altra bocca che loro non avevano possibilità di sfamare. Il conseguente trama dovuto al’abbandono ha instillato quindi in lei il desiderio di volersi sentire necessaria agli altri.

Un ulteriore aneddoto riguardante la tendenza al suicidio di Baby 5 è nel capitolo 682 (episodio 608). Doflamingo liquida facilmente gli attacchi dell’assassina e finisce che Baby 5 si punta la sua stessa pistola alla testa. La noncuranza di Doffy riguardo sia gli attacchi della ragazza, sia il fatto che lei possa farsi del male, mi ha ricordato un po’ il Joker della DC con Harley Quinn. E, guarda caso, il soprannome di Doffy è proprio Joker.

Ma in questo caso, tutto sembra ridursi ad un gioco, una barzelletta. E proprio per questo, la plausibilità va dimenticata e gettata dalla finestra insieme a tutte le perplessità ed obiezioni. Forse non è poi così azzardato credere che gli altri membri della famiglia Donquixote non reputassero Baby 5 al loro stesso livello. Forse fa parte semplicemente del carattere del personaggio e loro la accettavano così, se pur con apatico menefreghismo. Forse una feroce e cruda occhiata al passato della ragazza è abbastanza per convalidare le sue insicurezze, se è per il bene della barzelletta.

Oda, in questa circostanza, pare non decidere affatto se trattare la faccenda seriamente, come nel caso di Hillk, o in maniera umoristica come per Kaido. Il flashback di Hillk ci fornisce il carico emotivo necessario perché Oda lo possa far uscire di scena con un suicidio pieno di grazia. I tentati suicidi di Kaido sono un escamotage per comunicarci senso di meraviglia e sollevarci da un senso di morbosità. Paragonato a questi due casi, il sorriso di Baby 5 ed il fusto del fucile penosamente rivolto contro la sua testa è un’immagine di un’asprezza (e insieme, tenerezza) inclemente che prima non avevamo mai visto in One Piece.

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